Giorgio Jai di Pieve Emanuele è Ads di Annamaria. “D’ora in poi, più che un cognato, sarò per te un fratello!”, disse Giorgio ad Annamaria, accogliendola nella propria casa. Una scelta di cuore che non immaginava allora così densa di ostacoli, proprio da parte di quelle istituzioni da cui aspettava supporto. Situazioni che tolgono tempo e serenità.
Conosco Annamaria dal lontano 1964, quando ancora adolescente viveva con i genitori e i suoi due fratelli. Io frequentavo la sua casa, perché mi ero fidanzato con Irene. Annamaria era, una ragazzina come tante, carina ma eccessivamente timida; portava occhiali dalle lenti spesse che rendevano i suoi grandi occhi scuri piccini, in contrasto col suo faccino minuto, ma allora la foggia, usava così! Lo sguardo malinconico, ogni tanto diventava impaurito per quel mondo, al di là della porta di casa, difficile per lei da affrontare. Io però, ero riuscito nel mio intento a strapparle qualche sorriso, ciò succedeva nelle feste quando davanti ai dolci davo a lei l'opportunità di scelta del primo pasticcino. Col passare degli anni, sposo Irene e divento anche papà. Nel frattempo, le condizioni di Annamaria vanno modificandosi , necessitano sempre più sovente, visite mediche e prestazioni sanitarie.
Nel 1986 alla morte della mamma, viene a stare da noi, di lì a poco perde anche il papà, ma la sorte avversa per lei non è ancora finita, perché inaspettatamente le porta via anche l'adorato fratello ed è a questo punto, che le faccio una promessa: "D'ora in poi, più che un cognato, sarò per te un fratello!"
Ciò che mi ha portato ad essere il suo amministratore di sostegno è stata senza dubbio una scelta di cuore. Ricordo la partecipazione al corso preposto, con l'interesse di saperne di più, per meglio agire, operare correttamente, in virtù della legge 6/2004 con dovizia ed impegno, per assicurare ad Annamaria tutela, dignità e protezione giuridica. Ma non immaginavo allora, quanti ostacoli avrei incontrato nel corso del tempo, come pure non potevo pensare che Enti, quali, Comuni e Regione, Asl, Giudici Tutelari non fossero fonte di supporto a tutela del disabile, visto e alla luce di quanto sta accadendo attualmente ed alla complessa normativa interpretativa che riguarda il sociale cui fanno parte anche le categorie dei disabili, che purtroppo per loro sfortuna, necessitano (come nel caso di Annamaria) ricoveri in Residenze sanitario-assistenziali, per le quali diventa difficile anche per l'amministratore di sostegno far valere diritti e tutela per il proprio amministrato. Spesso si deve combattere con i Comuni, che pur conoscendo le norme, corrispondono integrazioni inferiori rispetto alle rette richieste, rivalendosi in tutto e per tutto sulle provvidenze economiche del soggetto bisognoso, per poi far ricadere sui familiari le aggiuntive necessità atte a garantire un minimo di dignità di vita, vita che non di esaurisce solo all'interno di una struttura.
Ciò che amareggia maggiormente è constatare che i Giudici Tutelari preposti ai controlli e a tutela del patrimonio economico del soggetto disabile, nella realtà guardano giustamente e minuziosamente i rendiconti annuali redatti dagli amministratori di sostegno, richiedendo estratti conto e pezze giustificative di ogni singola operazione contabile, ma agiscono come Ponzio Pilato sui contenziosi e poco importa se le rette richieste dai gestori diventano sempre più esose ed insostenibili per il ricoverato; come pure, poco importa se le compartecipazioni irrisorie erogate dai Comuni causa l'impoverimento ulteriore alle famiglie già provate economicamente e moralmente.
Per quanto mi riguarda, devo affermare che la nomina di amministratore di sostegno per l'esperienza cui sto vivendo, mi sta togliendo tempo e serenità. Tempo per continui andirivieni, code agli sportelli e uffici con personale spesso impreparato; serenità, perché essendo anche al tempo stesso un familiare di Annamaria, inevitabilmente vivo una condizione di stress che si ripercuote anche sull'andamento del mio nucleo familiare
Jai Giorgio di Pieve Emanuele
Ha partecipato al corso promosso dal progetto Ads in collaborazione con la cooperativa il Germoglio di Cassina de Pecchi, “per sfidare la preoccupazione sempre avuta nei confronti dell’amministratore di sostegno”, vissuta come una “complicazione”. Con in mente il nipote, persona con disabilità, fin dal primo incontro ha colto che l’Ads “è stata fortemente voluta da chi ha a cuore la persona in difficoltà sia essa anziana o disabile e che non si tratta di vietare atti e limitare azioni o di difendere patrimoni, ma di supportare e di proteggere”.
Quando ho saputo dalla Newsletter Sportello Disabilità della Regione Lombardia, che la Cooperativa "Il Germoglio" di Cassina de' Pecchi in collaborazione con "L'Associazione Oltre noi ...... la vita", avrebbero organizzato un corso formativo, riguardante la protezione giuridica per le persone fragili, ho pensato che era l'occasione giusta per sfidare la preoccupazione che avevo sempre avuto nei confronti dell'amministratore di sostegno.
Troppi retaggi legati all'interdizione, all'inabilitazione e poca informazione riguardante questo nuovo strumento di tutela, mi avevano sempre fatto rimandare il momento in cui confrontarmi con questa "complicazione".
Eppure mio nipote A. è per me una persona cara, con la quale sono cresciuta molto e al quale voglio molto bene. Già dal primo dei tre incontri previsti, ho compreso che la legge che ha istituito tale figura, è stata fortemente voluta da chi ha a cuore la persona in difficoltà sia essa anziana o disabile e che non si tratta di vietare atti e limitare azioni o di difendere patrimoni, ma di supportare e di proteggere.
L'avvocatessa che ha tenuto l'incontro/gli incontri, ha intuito che la platea era costituita da persone che volevano capire di più ed essere aiutate nel districarsi nell'inevitabile burocrazia che accompagna anche gli intenti migliori. Non a caso lei stessa è amministratore/ amministratrice di sostegno e la definizione che ci ha riportato di questa figura giuridica è che deve avere buona testa, buone gambe e buon cuore.
Questa descrizione spero sia condivisa da tutti i giudici tutelari che sono chiamati a decidere chi deve ricoprire tale ruolo, soprattutto quando non vi sono familiari disponibili.
Guido De Vecchi, presidente dell’associazione capofila Ageha illustra le motivazioni che animano il progetto Ads del territorio Asl Provincia Milano 2. Principi contenuti già nel nome del progetto “insieme si fa”. Le grandi scommesse si vincono solo collaborando e attraverso il fare e la prossimità. L’obiettivo è veicolare l’idea che l’ads protegga diritti e doveri delle persone che non è in grado di rappresentarsi. Il progetto ha al suo interno un patrimonio culturale di elevato valore: la rete, strumento di cittadinanza attiva.
Perchè "insieme si fa "? "Insieme" perchè le grandi scommesse si vincono solo collaborando con gli altri. "Si fa": perchè è attraverso il fare e la prossimità che individuiamo nuove strade.
Il progetto ci offre un'occasione che aspettavamo da anni: essere in rete per promuovere e sostenere gli Amministratori di sostegno sul nostro territorio.
Il nostro principale obiettivo deve essere quello di veicolare l'idea che l'amministratore di sostegno sia il tutore dei diritti e dei doveri della persona incapace di autorappresentarsi, motore di azioni trasversali per la coesione sociale .
Siamo inoltre convinti che il progetto porti al suo interno un patrimonio in costruzione : la reteche servirà per queste azioni progettuali ma non solo; perchè gli ads sono e saranno coscienza per le nostre organizzazioni sui nuovi bisogni delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
La nostra scommessa è quella di vedere associazioni e cooperative insieme per sviluppare questa figura da legittimare nel sistema dei servizi, da rendere "in"nel patrimonio culturale dei nostri Cittadini .
Un nuovo strumento per quella cittadinanza attiva che trasforma i sudditi in Cittadini riproponendo l'orgoglio di "tenerci" "essere interessati" e parafrasando Don Milani : " Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Uscirne insieme è la politica, uscirne da soli è l'avarizia"
Guido De Vecchi - presidente Associazione Ageha - capofila progetto Ads "Insieme si fa"
Ecco la testimonianza di Andrea su cosa vuol dire essere Ads volontario. Non solo diventare un bravo amministratore del patrimonio, ma pensare alla qualità della vita della persona fragile. Fondamentale è la formazione e poter contare costantemente su una rete di sostegno formati da altri volontari cui rivolgersi per un consiglio o un supporto. Solo così questa diventa una esperienza davvero arricchente e portatrice di sguardi nuovi sulla vita.
Quando mi è stato chiesto di scrivere questo articolo ho ripensato alle motivazioni che mi hanno spinto ad intraprendere il ruolo di amministratore di sostegno volontario.
Da quando poco più che maggiorenne ho iniziato a svolgere attività di volontariato nell'ambito della disabilità mentale, ho capito sin da subito quanto questa esperienza mi potesse arricchire e mi aiutasse ad avere una visione della vita diversa rispetto a prima.
Crescendo, dopo aver fatto diverse esperienza di volontariato all'interno di una comunità alloggio per disabili e di primo soccorso, ho deciso di affrontare una nuova esperienza di volontariato più adatta alla mia attuale situazione personale.
Ho deciso quindi di frequentare un corso per amministratore di sostegno volontario, organizzato da Oltre Noi la Vita, per comprendere meglio quale sarebbe stato il mio ruolo di sostegno ad una persona con delle "fragilità".
Grazie a questo corso ho avuto modo di conoscere altri volontari e questo mi ha dato la possibilità di confrontarmi con altre persone che affrontavano la mia stessa esperienza.
Forte di questo sostegno e scambio di esperienze, nel 2007 ho iniziato questa nuova attività di volontariato.
Viste le mie passate esperienze all'interno di una comunità alloggio per persone disabili mentali, ho ritenuto più utile occuparmi di una persona che conoscevo da diversi anni e con la quale avevo mantenuto un rapporto di amicizia.
Sin da subito ho compreso che il mio ruolo non doveva essere quello del bravo "amministratore del patrimonio", ma piuttosto pensare alla qualità di vita della persona "fragile".
Con queste premesse le mie azioni sono state rivolte a comprendere il bisogno della persona, valorizzandone le capacità ed aspettative.
Ripensando a questa mia esperienza, ritengo che sia alla portata di tutti e che non occorrano delle competenze specifiche.
L'importante è comprendere il proprio ruolo e trovare all'interno del mondo del volontariato e del terzo settore una rete di sostegno a cui rivolgersi per un consiglio od un supporto per le situazioni più complicate.
Andrea, un ads volontario